KRITICA CRITICA



                                                                           KRITIKA 1
                                             Antòine de la Pogwéyne 

Nato a Stalingrado nel 1940, Antòine fu il primo francese nato in Russia, cosa che fece di lui il primo russo di nazionalità francese. A soli quindici anni fu ammesso alla prestigiosa accademia delle arti antiche di Vladivostok, dove imparò le difficili tecniche del cesello su grafite e del pennello candido.
Espose al Guggenheim una serie di opere ispirate al concetto dell'ettolitro. Riuscì ad andare oltre le convenzioni, le convinzioni e le compulsioni della sua epoca.
Poco tempo dopo morì, stroncato dalla critica. 


“L'eau blue dans le blue” (1966) 
Olio su ceramica, Museo delle Arti Intermedie, Castelfoscoli. 
L'innaturale circoscrizione di libertà desemantizzate: tema che ritorna più volte nelle opere del Pogwéyne. In “L'eau blue dans le blue” c'è un forte compost emozionale: il tutto E' il contrario di tutto, pur rimanendo immutato: vero contrappasso iconoclastico di una modernità non necessariamente introiettabile, l'acqua è invisibile ma pur presente, una sorta di fermento cromatico autoreferenziale.
Con maestria assoluta, Antòine rende conto con una sola forte immagine della domanda sulla vita, l'universo e tutto quanto: quarantadue tonalità di azzurro stanno lì a dim
ostrarlo. 

VALERIO DE SAZANNES




                                                                     KRITICA 2
                               Ramides Venceslao


A pochi il nome di Ramides Venceslao potrà dire qualcosa. Perché, dietro lo pseudonimo, si nasconde un uomo che, di punto in bianco, decise di condurre una vita parallela: il certamente rispettato Visduca di Cambria, Regilio. 

Noto soprattutto per la sua passione smodata per le candele esauste (di cui si vantava di possedere la più ampia collezione dell'intero Vecchio Continente), il Visduca non poteva certo rivelare pubblicamente che il suo hobby fosse la pittura: in Cambria, nel 200, la pittura era ritenuta, per usare le parole del noto storico genovese Pistassi (famosi i suoi scritti di fine settecento), “indenia tra le arti, praticata solo ne le taverne più abiette”.

Dismessi i panni nobili, Regilio quindi si recava ogni notte nel suo studio segreto, nel quale dava sfogo alla sua potenza creativa, potenza che poi serviva in pasto alle genti sotto il falso nome, per l'appunto, di Ramides Venceslao.

Pennellate vistose, arroganti, immaginifiche: questo era il suo stile, come evidente nel qui riportato “Trionfo di paesaggio in crosta”. La purezza di un ambiente natìo affascinante ma nel contempo felino, uno scorrere di poesie mai davvero accarezzate ma soltanto incerte. Il passo del concetto che lascia spazio all'improvviso erompere di una discrepanza, più che vera, dubitabile. Come l'animo umano mal si acquieta se non sovente sollecitato in tal senso, anche l'ambiente degenera in un turbinìo di idee potenziali e mai acquisite alla realtà.



“Trionfo di paesaggio in crosta” (206 a.C), acrilico su armadio, 
Degaudium Antropomorphic Musem, New York.


VALERIO DE SAZANNES





                                                   
                                                                       kritica 3
                                    Pfich Nemmenthal


Se con Pollock la tecnica del dripping era assurta agli onori della cronaca, che dire delle opere di Pfich Nemmenthal, nel suo periodo di crisi esistenzialista?
Nemmenthal nasce il 10 Luglio del 1960 a Marinella di Propoli; il padre, Hernst Nemmenthal, è un umile fattorino. All'età di diciotto anni, conseguita la patente, si siede per la prima volta da solo nella vettura di famiglia; guardandosi stupito intorno, egli coglie proprio mentre sta guidando sia l'essenza ingannevole della realtà sia un platano secolare.
Al suo risveglio in ospedale, assecondando un misterioso impulso di pittura, imprime sul muro della sua camera l'opera prima che lo rende famoso in tutto il globo: “Segatura Verde”.
Percetto ambiguo, denominazioni artefatte, scollatura tra significante e significato: le sue opere di questo primo periodo non possono che lasciare l'animo tumefatto.
“Chilo di Riso”, “Piselli Novelli”, “Mandorle Volanti”, “Chiodi Misti”, e decine d'altri che in comune hanno l'ossessiva ripetizione, la convinta reiterazione, la texturizzazione del banale.
Come un timbro impazzito, Pfich continua a riprodurre all'infinito lo stesso piccolo elemento, considerando finito il quadro soltanto quando sonno o ira improvvisa lo colgono.
Durante la creazione di “Semi d'anguria nel piatto d'Agosto”, però, egli viene colto dalla Sindrome di Brucanest. Anche nota come “Insensibilità randomica”, Questa terribile sindrome gli causa, in momenti imprevedibili delle sue giornate, la perdita momentanea e completa di due dei cinque sensi a caso.
Questo fatto lo costringe a ritirarsi per alcuni anni dalla produzione artistica, ma ispirerà la corrente artistica del suo secondo periodo, la "Sprazzialità".


"Segatura Verde" (1978), olio su parete 
Vade Mecum Teaching Hospital, San Francisco.
                           


                                   kritica 4
                           Tenzio Visura

Avremmo un bel dire a criticare l'operato, il genio, il cristallino fervore artistico di Tenzio Visura; come la gallina sta al brodo, egli sta al sublimalismo.
Allievo di Giandonatello Strep, trascorre l'infanzia tra falsi mattoncini Lego e la lettura del suo autore preferito dell'antichità classica, Petulo. Già da questi elementi è possibile trarre una prima e asciutta conclusione: nessuno più di Visura poteva essere predisposto a raccogliere l'eredità del sublimalismo.
Appannaggio di pochissimi eletti, il sublimalismo è forse l'unica corrente artistica mai esistita nella quale sia possibile rintracciare le effigi scomposte di importanti uomini d'ogni tempo: e, seguendo questa dottrina, anche Tenzio si cimenta in svariati Tritratti. Come quello, splendido e pretenzioso, del Cardinale Eldo Macao Turgonte.
Ma il sublimalismo è anche unico nel saperci affascinare con le sue Elementali Essenzialità: oggetti di ogni giorno e di ogni epoca divengono arte e spingono ad interrogarsi su cosa possa surrogare il pensiero, eclettico e spontaneo, dell'uomo d'ogni giorno; perché? Chi? A chi? Domande che sorgono come astri in una notte d'agosto, e che restano senza risposta se non nel silenzio che l'oggetto interpreta e suscita. L'oggetto non parla, ma declama la sua presenza nel qui-e-ora, ignorando il non-qui e non-ora che, nella sua eternità fittizia ma pregnante di veridicità, egli imputa a chi lo sta osservando, pur senza vederlo e senza esserne affatto cosciente.
Proprio tutto quello che possiamo osservare in "Metro. Quadro", inenarrabile visione improvvisa dell'oggetto che ci sfida a pensarlo, evocarlo nel momento in cui esso è già evocato; e lacerando il piano pittorico, si fa artefice di un suo presente agguantando il nostro "ora".


"Metro. Quadro"



Valerio De Sazannes



KRITICA 5
  FULGINIO MANGROVIA


Cresciuto nell'alveo del miglior futurismo protofascista, Fulgìnio Mangrovia rimarrà nella storia per aver mostrato alla critica del tempo un modo di eseguire la pittura rapido, deciso, strutturato e, soprattutto, lisergico. L'utilizzo dell'LSD fu fondamentale nell'opera dell'artista, il quale lasciò anche un piccolo libercolo di suoi aforismi futuristi che per decenni furono discussi nei più alti circoli culturali della Puglia, delle pianure portoghesi e di alcune zone dell'Isola d'Elba. A titolo di esempio, ne riportiamo qui alcune:
“Vidi il drago, e la perla, e la fata: tutto, ma anche serenità”
“Chi si sporge a guardare, vede la Luna in fiamme e il mare in fiamme e il cielo in fiamme e la terra in fiamme e il futuro è luminoso”
In uno dei suoi rari momenti di semi-lucidità, Mangrovia si affacciò alla finestra del suo studio, e immediatamente dopo si mise alacremente all'opera per produrre il capolavoro che potete osservare in basso.

“dinamismo di un giornalaio e del suo tappeto da passeggio” 1904, cera su ardesia, Museo Comunale di Verzate Grappa.
Sfumature ego-concentriche, colorature nette e stizzite; i movimenti rievocati in futuristica e intuitiva maniera, alla stregua di una pellicola da cinema i cui fotogrammi si fossero fusi assieme. Cosa rappresenta davvero il quadro? Difficile dire cosa vide Mangrovia, ma possiamo affermare con una discreta certezza che almeno il giornalaio fosse presente. Sul tappeto da passeggio invece si sono aperte molte ipotesi: c'è chi afferma che fosse un cespuglio, chi propone un'auto, e chi si azzarda financo a dire che si trattasse del Presidente del Mali.


VALERIO DE SAZANNES



                                   CRITICA 6
                                Wolfgar Trucktail

"Come descrivere l'arte quando essa non è arte?". Domanda che Trucktail poneva già nel 1570 agli allievi della sua Scuola di A-pittura a Vienna.
Se ad oggi poche delle sue opere sono sopravvissute, lo stesso non si può dire di quelle dei suoi allievi, dei quali invece non v'è alcuna traccia.
Lo storico d'arte Polzo Beccafico ipotizza nel suo saggio "Sdegni storici parzialmente immotivati" che Trucktail non avesse in realtà nessun allievo, ma che fosse divenuto totalmente folle in seguito all'incontro, in sogno, con un unicorno dell'Indocina, che lui prese per suo animale guida senza però il consenso della bestia.
Veri o immaginari che fossero i suoi studenti, egli comunque ogni giorno, instancabilmente, mostrava i segreti della A-pittura: dipingere senza dipingere. L'importanza dell'ispirazione, che mai può giungere intatta sulla tela: quindi non eseguire il tratto, ma soltanto accennarlo, seguendo le linee della mente che da sole, dense di immaginari ed immaginifici colori, possono essere all'altezza dell'ideale posto a modello.
Dei tre capolavori superstiti, "Luccichìo del pianeta Oltremare" "Irreale suggestione di un pomeriggio artico" e "Tumuli di chincaglieria dall'aspetto importante", l'ultimo è custodito oggi al British Maculayculkin Museum di Poddgelow, in Scozia. Solo ad uno sguardo poco attento esso può sembrare ciò che in effetti è, e cioè una tela assolutamente bianca. La verità è che davanti a noi possiamo osservare in tutta la sua virginea magnificenza un meraviglioso dipinto a-pittorico, un nulla che altro non è, se non lo stesso nulla che l'artista riempì del suo pensiero. E che, per nulla alterato dagli anni, si ripresenta agli occhi dell'osservatore contemporaneo. Vi è tutto ciò che l'artista voleva far pervenire: il pathos di un'idea compiuta nel suo non essere concreta, la fascinazione di un vera pre-senza. Ed è tutto riassumibile nel giubilo dell'animo, messo di fronte a cotanto iperuranio artistico.


"Tumuli di chincaglieria dall'aspetto importante", niente su tela, 1599, British Maculayculkin Museum






KRITICA 7

Quarzito Fonotassì


Di origini italoamericane e per lungo tempo aspirante alla carica di baronetto d'Inghilterra (ma sempre colpevolmente ignorato dalla Corona Britannica), Quarzito visse i centosessanta anni della sua vita senza mai lasciare la sua cittadina in Ontario. Nato nel 1850, imparò l'arte della pittura grazie ad un corso per corrispondenza  allora tenuto dal visionario Deam Aukeegle, padre ispiratore di cinque religioni (due delle quali tuttora praticate, tra cui l'Aerofagismo), sette sette, e una papera.

Dagli opuscoli di Aukeegle egli trasse la verticale sonorità dei suoi colori, nonché lo slancio immane delle figure de-iconizzate, iperrealistiche e piuttosto educate. Ben presto, però, capì che la sua strada non avrebbe mai potuto portarlo a seguire le orme del maestro e del suo “furore mantecante”: invece decise di puntare ad uno stile completamente personale, in grado di esprimere ciò che egli covava nelle profondità di un animo scosso, scollato, imprendibile ma perturbante. Nacque così il Prolissismo, di cui il capolavoro sotto riportato fa parte.

“Marea supina sotto la montagna avvalorata da pianeta, girasoli e stelle con occhio vigile del gatto presso una sega un fungo un fulmine una piramide e maionese” (1909, colori su colori, Fonotassì House Foundation, Ontario)

Quante cose ha da dirci questo quadro, quante storie potrebbero essere narrate partendo dai contorni di una montagna, semplice ma sposa del mare, umile ma sfidante un intero pianeta, ostica ma circondata da stelle, serica ma occhieggiante ai girasoli... l'elenco potrebbe andare avanti indefinitamente, considerando anche i giochi di parallelismi tra la splendida maionese ed i due elementi che, non solo figurativamente, le si contrappongono: il fulmine e la piramide.
Un chiaro esempio di avanguardia spiritual-concentrica, senza mezzopesismo né basse e banali solennità: l'opera contiene ciò che deve, e il messaggio viene così consegnato intonso ai posteri.


http://arkler.blogspot.it








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